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Dal volume “Nuove Alleanze”, numero speciale di Arte e Critica che presenta una serie di scritti e interventi nell’ambito delle attività formative del DECA Master, vogliamo estrarre oggi un interessante articolo del Prof. Marcos Vaquer Caballeria, docente di Diritto Amministrativo presso l’Universidad Carlos III di Madrid.

Nel Preambolo della Dichiarazione universale dell’UNESCO sulla diversità culturale (2001) si afferma che:

“[…] la cultura deve essere considerata come l’insieme dei tratti distintivi spirituali e materiali, intellettuali e affettivi che caratterizzano una società o un gruppo sociale e include, oltre alle arti e alle lettere, modi di vita e di convivenza, sistemi di valori, tradizioni e credenze.”

La cultura, scrive il Professor Marcos Vaquer Caballeria, è una delle idee costituenti dell’Europa nel panorama internazionale. In alcuni Stati membri dell’Unione Europea si sono sviluppati, tra i secoli XIX e XX, diversi princìpi fondamentali che hanno permesso di concepire il valore della cultura in quanto bene giuridico, con uno spazio autonomo e ben definito all’interno dell’ordinamento: la dottrina tedesca dello Stato di cultura o Kulturstaat; la dottrina italiana dei beni culturali (Legge 26 aprile 1964, n.310Legge 26 aprile 1964, n.310); la dottrina francese del service public culturel.

Queste tre teorizzazioni nascono in ordinamenti giuridici diversi fra loro e hanno una portata differente: la prima ci parla dell’inquadramento costituzionale della cultura, mentre la seconda e la terza intendono istituzionalizzare il regime di Diritto pubblico dei beni (beni culturali) e dell’attività (in particolare, quella realizzata dai poteri pubblici: service public culturel). Hanno però in comune l’affermazione dell’autonomia della cultura, intesa come ambito della dignità umana e delle relazioni sociali, ma anche l’estensione ad altri ordinamenti europei, in maniera tale che fanno già parte di una certa comunità di idee. Costituiscono, dunque, la base sulla quale poter affermare un acquis europeo in materia di Diritto della cultura.

Il Professor Vaquer continua, nel suo articolo, analizzando l’evoluzione dei trattati dell’Unione Europea in materia di “cultura”. Alla nascita della Comunità Economica Europea, l’obiettivo principale era, appunto, il mercato interno e, nello specifico, le libertà comunitarie e la politica della concorrenza. Nessun riferimento alla cultura fra i Princìpi del Trattato della Comunità Europea. O meglio, la cultura, era inquadrata in una posizione marginale come variabile che poteva giustificare certi limiti al mercato, oppure era considerata come un settore economico nel quale sviluppare questo mercato.

Ma a partire dal 1992, con la nascita dell’Unione Europea e il Trattato di Maastricht, il panorama inizia a cambiare e viene inserita, ad esempio, l’azione culturale tra le politiche europee nell’allora art. 151 TCE, attuale art. 167 TFUE. Il Trattato, cioè, impone all’Unione di tener “conto degli aspetti culturali nell’azione che svolge a norma di altre disposizioni dei trattati, in particolare ai fini di rispettare e promuovere la diversità delle sue culture”.

E ancora, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 2000 proclama la libertà delle arti e delle scienze nel suo art.13, mentre il suo art. 22 afferma la diversità culturale, religiosa e linguistica (“L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica”). Si tratta quindi, in realtà, di diritti di libertà, ma non di partecipazione e/o prestazione come il diritto alla cultura dell’art. 44 della Costituzione spagnola.

Ma è il Trattato di Lisbona a culminare, per il momento, questa evoluzione nel 2007 introducendo finalmente la cultura tra gli obiettivi dell’Unione nell’attuale art. 3.3 TUE: l’Unione “rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo”.

I Trattati europei si sono evoluti notevolmente per aprirsi alla diversità culturale, che recepiscono come principio proprio dell’Unione, al cui servizio devono orientarsi i poteri e le competenze. Tuttavia, il corpo centrale della dottrina delle Istituzioni europee – in particolare della Commissione e della Corte di Giustizia – si sviluppò principalmente negli ultimi decenni del secolo XX, in una tappa storica precedente al Diritto unitario europeo, e non si è ancora adattata pienamente all’evoluzione commentata.

A questo link potrete trovare l’articolo integrale scritto dal Prof. Marcos Vaquer Caballeria.

Marcos Vaquer Caballeria è Professore ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università Carlos III di Madrid e Direttore dell’Istituto Interuniversitario per la Comunicazione Culturale UC3M-UNED.