Photo credit: “La Montagne de Venise” – Gino Di Paolo. Courtesy of the author
Si terrà martedì prossimo, 29 novembre alle ore 17.30, l’iniziativa “No man’s land belongs to everybody – Progetti site specific di Yona Friedman con Jean-Baptiste Decavèle”, organizzata dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Sassari e Scuola di Dottorato in Architettura e Ambiente, in collaborazione con il DECA Master (Dipartimento di Giurisprudenza). L’incontro prevede una lezione aperta e tavola rotonda con l’artista francese Jean-Baptiste Decavèle.
La terra di nessuno del titolo dell’iniziativa non è una terra senza uomini, ma una terra di mezzo e “di tutti”, territorio di incontro – non interdisciplinare ma a-disciplinare – dell’arte e della democrazia.
“No man’s land” è anche il titolo della grande installazione realizzata in Italia a Contrada Rotacesta di Loreto Aprutino (Pescara) con il celebre architetto “visionario” Yona Friedman, con cui Decavèle collabora già da alcuni anni.
Durante l’evento, saranno presentati anche altri progetti curati da Friedman con Decavèle, tra i quali il “Vigne museum” e il più recente “La Montagne de Venise“, entrambi riconducibili alle idee dell’architetto ungherese di “museo senza pareti” e di “autocostruzione”, in cui l’arte – e non solo – sia accessibile e fruibile da parte di tutti in un’ottica di “co-creazione”.
Questo tema costituisce la base di partenza per la tavola rotonda che seguirà la lezione: dalla possibilità di progettare e costruire “senza muri” alle “utopie realizzabili” dell’auto-costruzione e della auto-regolazione sociale, della gestione adattativa dell’ambiente, della eco-sostenibilità, della valorizzazione e gestione dei beni comuni su base culturale.
Interverranno alla discussione Massimo Carpinelli, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Sassari, e il sindaco di Alghero Mario Bruno. L’introduzione sarà a cura di Francesca Arras e Giovanni Campus, dottorandi di ricerca nel Dipartimento di Architettura. Con Jean-Baptiste Decavèle dialogherà Dora Stiefelmeier, direttrice artistica di Zerynthia – Associazione per l’Arte Contemporanea.
Dopo la lezione seguirà la tavola rotonda moderata dal Prof. Domenico D’Orsogna, ordinario di Diritto Amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza e Direttore Scientifico del DECA Master, con Arnaldo Cecchini, Massimo Faiferri, Giovanni Maciocco, Antonello Marotta, Vincenzo Pascussi, Francesco Spanedda e Dora Stiefelmeier.
L’incontro si terrà martedì 29 novembre prossimo, alle ore 17,30 nell’aula VII del Complesso di Santa Chiara del Dipartimento di Architettura, ad Alghero.
Partner e co-organizzatori del DECA Master sono il Museo MAN di Nuoro, Zerynthia, UniNuoro, la Fondazione META di Alghero, Now – New Operation Wave, OpenForArt.
Locandina, maggiori informazioni e comunicato stampa dell’evento.
Jean-Baptiste Decavèle
Jean-Baptiste Decavèle è nato a Grenoble nel 1961 e vive a Parigi. Ha vinto due volte il premio Villa Medicis Hors les Murs: nel 1999 per il progetto Entre Ciel et Mer, Voyage Aide-Mémoires, in collaborazione con lo scrittore francese Hervé Le Tellier dell’Oulipo (Ouvroir de littérature potentielle), e nel 2001 per Nostalgie, La Demeurance et l’Icône in collaborazione con il poeta sudafricano Tatamkhulu Afrika. Il suo lavoro si basa su un processo sperimentale collaborativo con scrittori, attori e attrici come Elina Löwensohn e Michael Lonsdale,e ancora artisti come Nico Dockx. Decavèle ha collaborato con l’architetto Yona Friedman per dieci anni, realizzando innumerevoli progetti come gli adattamenti architettonici in situ di alcune idee di Yona Friedman, l’implementazione di un corpus di produzioni fotografiche e cinematografiche legate all’universo visionario di Yona Friedman… Oltre all’aspetto lavorativo, li lega una profonda amicizia iniziata con Balkis-Island, un’isola immaginaria che porta il nome dell’ultimo cane di Yona Friedman, Balkis. Un’isola che Decavèle ha portato con sé da uno dei suoi numerosi viaggi, alla ricerca di Balkis dall’Alto Artico al Polo Nord. Le sue opere sono state presentate in Belgio, Italia, Francia, Germania, Russia, USA, Messico, Svizzera, Paesi Bassi, Sudafrica, Canada, Corea.
Yona Friedman
Yona Friedman (Budapest 1923), architetto, si è formato assistendo, tra le altre, ad alcune importanti conferenze di Werner Heisenberg e Károly Kerényi. Dopo la seconda guerra mondiale, che lo vede attivo nella resistenza antinazista, si trasferisce e lavora per circa un decennio a Haifa, in Israele. Dal 1957 vive a Parigi. Ha insegnato in numerose università americane e collaborato con l’Onu e l’Unesco. La sua intensa attività saggistica spazia dall’architettura alla fisica, dalla sociologia alla matematica. Tra le figure più innovative della scena contemporanea, Yona Friedman è il teorico dell’architettura mobile e dell’architettura di sopravvivenza. Nell’ottica dell’autore “costruire un edificio è un atto aggressivo, un’appropriazione di spazio, un’irreversibile occupazione di superficie”. L’architetto intende la società e l’ambiente come sinonimi, definibili solo a misura d’uomo. Questa è la posizione che Friedman teorizza a metà degli anni Settanta, con il fondamentale trattato Utopie realizzabili, dove esprime l’idea di una comunità in cui l’architetto ha il compito di stimolare l’autoregolazione sociale, fornendo un metodo collettivo per progettare la città. I saggi teorici e le realizzazioni di Friedman, praticando l’architettura come sapere diffuso, pensate per rispondere alle esigenze mutevoli della società e realizzate dagli stessi abitanti, superano i confini disciplinari e sono un riferimento anche per la scena artistica contemporanea. I suoi progetti sono conservati nelle maggiori collezioni internazionali, quali il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi e il Getty Institute di Los Angeles. In oltre sessant’anni Friedman ha esposto nelle principali rassegne di arte e architettura internazionali: a mero titolo di esempio citiamo la celebre Documenta 5 di Kassel curata da Harald Szeemann nel 1972 e la Biennale di Venezia, dove ultimamente è stato invitato nelle edizioni del 2003, 2005 e 2009. Fra i suoi numerosi libri, in traduzione italiana, ricordiamo Per una architettura scientifica (Officina, Roma 1971); L’architettura mobile (Edizioni Paoline, Alba 1972), Utopie realizzabili (Quodlibet, Macerata 2003); L’architettura della sopravvivenza. Una filosofia della povertà (Bollati Boringhieri, Torino 2009); Yona Friedman (Charta, Milano 2009); L’ordine complicato. Come costruire una immagine (Quodlibet, Macerata 2011). Alla sua opera è dedicato il volume Yona Friedman, Manuel Orazi, The Dilution of Architecture, a cura di Nader Seraj, Park Books, Zurigo 2015.