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Con l’approvazione della Legge n. 110/2014 del 22 luglio, i professionisti dei beni culturali sono finalmente riconosciuti sia dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, sia dagli elenchi nazionali di prossima istituzione.

L’art. 1 della Legge introduce nel Codice l’art. 9 bis: “In conformità a quanto disposto dagli articoli 4 e 7 e fatte salve le competenze degli operatori delle professioni già regolamentate, gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali nonché quelli relativi alla valorizzazione e alla fruizione dei beni stessi, di cui ai titoli I e II della parte seconda del presente codice, sono affidati alla responsabilità e all’attuazione, secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale“.

Secondo il Dott. Andrea Areddu, Dottorando di ricerca in Diritto della cultura nella Università di Sassari, la legge presenterebbe certamente aspetti positivi, ma anche alcune criticità. E’ da includere tra gli aspetti positivi “l’opportunità di inserimento, nel Codice di Beni culturali e del Paesaggio, del suddetto art. 9 bis”.

La novità normativa, continua il Dott. Areddu, “appare necessaria anche a livello sovranazionale”. L’Unione Europea ha più volte sottolineato l’esigenza di definire in maniera netta e chiara figure professionali che garantiscano uniformità di disciplina nei vari settori economici. I professionisti, importante specificarlo, sono soggetti alle regole di concorrenza, con riguardo a “tutte le regolamentazioni che riservino alcune attività a una ristretta categoria di professionisti“.

Tra le criticità, inutile negarlo, si individua la mancanza della figura del “registrar” nell’elencazione delle professioni introdotto dall’art. 9 bis, seppur comunque richiamata dalla normativa italiana nel Decreto ministeriale 10 maggio 2001 e dalla Carta nazionale delle professioni museali del 2006 e s.m.i.

Quindi, il registrar “assicura dal punto di vista organizzativo la movimentazione delle opere, la relativa documentazione e le procedure che la regolano, soprattutto in connessione ai prestiti“, svolgendo altresì “compiti di raccordo tra le competenze diverse del consegnatario, del direttore/curatore, del restauratore, e le professionalità esterne al museo“.

L’Italia, a differenza di altri Paesi in cui vige la professione del registrar, si trova costretta a ricorrere a varie figure professionali, soprattutto per far fronte al sempre maggiore prestito/scambio di opere e di beni culturali. In altre realtà, invece, il “rapporto circolatorio” dei beni in oggetto – sottolinea ancora il Dott. Areddu – è riferibile all’insieme delle attività di un registrar nei confronti di un altro registrar.

Da segnalare un ulteriore profilo critico: la non chiara definizione della natura giuridica, così come degli effetti, degli elenchi delle professioni sui beni culturali. Ovvero, come mai l’art. 2, comma 3, della Legge n. 110/2014, dispone che “Gli elenchi di cui al comma 1 non costituiscono sotto alcuna forma albo professionale e l’assenza dei professionisti di cui al comma 1 non preclude in alcun modo la possibilità di esercitare la professione“?.

Nell’articolo pubblicato su “Nuove Alleanze”, il Dott. Areddu conclude la sua disamina affermando che, “se da un lato il legislatore mostra di voler innovare la disciplina elevando il grado di professionalità richiesto per gli interventi sui beni culturali, dall’altro non riserva l’esercizio della professione ai non iscritti agli elenchi, optando, in sostanza, per il carattere puramente ricognitivo e dichiarativo degli elenchi stessi”.

Una “rilevanza premiale” agli iscritti negli elenchi menzionati, tuttavia, è attribuita dall’art. 8, comma 1 della Legge n. 106/2014. In relazione all’imminente assunzione di professionisti di beni culturali, si prevede che “a decorrere dall’istituzione presso il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ai sensi della normativa vigente, degli elenchi nazionali dei professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali, i contratti di cui al precedente periodo sono riservati ai soggetti iscritti in detti elenchi”.