EDWARD BURTYNSKY Anthropocene – Fondazione MAST Tetrapods #1, Dongying, China 2016, photo(s) © Edward Burtynsky, courtesy Admira Photography, Milan / Nicholas Metivier Gallery, Toronto

 

La Fondazione MAST ha confermato anche in questa IV edizione, dal 24 ottobre al 24 novembre 2019, il suo impegno nel coinvolgere la città e la comunità in un progetto culturale che consente, attraverso la forza narrativa delle immagini, di moltiplicare gli sguardi sul mondo attuale, e dove cultura, ricerca, arte e tecnologia si sono incontrate per divenire punto di partenza per nuove riflessioni.

FOTO/INDUSTRIA, l’unica Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro, nasce nel 2013 con l’intento di condividere con la città la missione culturale della Fondazione, ente non-profit internazionale legato al gruppo industriale Coesia, concepita come tramite tra l’impresa e la comunità.

Protagonista dell’edizione 2019 è stato il tema del costruire, esplorato a tutto tondo: la IV edizione, che come nelle precedenti si è svolta a Bologna, quest’anno ha avuto una nuova direzione artistica e un’offerta imponente di mostre, incontri, proiezioni ed eventi gratuiti.

Dalle città alle industrie, dalle reti energetiche a quelle infrastrutturali, dai sistemi di comunicazione alle reti digitali, la Biennale ha sondato il complesso sistema dinamico del fare che caratterizza la presenza dell’uomo sul pianeta e le sue conseguenze sull’ambiente. È questa attività plasmatrice dell’uomo che dà forma alla Tecnosfera (così definita nel 2013 dal professor Peter Haff, specialista in geologia e ingegneria civile ambientale della Duke University): l’insieme di strutture che gli esseri umani hanno costruito per garantire la loro sopravvivenza sulla terra. Questo strato artificiale che ricopre la crosta terrestre – e che pesa 30 miliardi di miliardi di tonnellate – è che il risultato dell’incessante processo di costruzione perpetrato nei secoli e inevitabilmente responsabile delle mutazioni morfologiche dei paesaggi terrestri.

Le esposizioni sembrano voler richiamare le riflessioni di Heidegger sul costruire, abitare, pensare: “Solo se abbiamo la capacità di abitare – ed ecco il ribaltamento di prospettiva – possiamo costruire”. La soluzione, suggerisce il filosofo e saggista, andrebbe cercata in un pensiero capace di sguardo, di ascolto e di cura.

Ed è proprio attraverso lo sguardo degli artisti, con 11 mostre in altrettanti luoghi da scoprire,che è stata  offerta una panoramica su questo nuovo strato artificiale – e sui processi che lo hanno generato – che il genere umano ha costruito nel tempo e che si sta sviluppando a velocità vertiginosa, in un viaggio all’interno delle molteplici forme della produzione umana viste sotto una lente d’ingrandimento speciale, quello della fotografia e del suo pensiero critico.

Un percorso espositivo diffuso, che ha invitato i visitatori a vivere la città e che proprio per questa ragione si è snodato nel centro storico bolognese per giungere alla sede della Fondazione MAST, coinvolgendo alcuni dei più seducenti luoghi della cultura del capoluogo emiliano: Palazzo Zambeccari, Palazzo Pepoli-Campogrande, Palazzo Bentivoglio sono solo alcuni degli straordinari luoghi che hanno accolto le esposizioni in una feconda dialettica tra contenuto e contenitore.

“La vastità dell’intervento umano sull’ambiente e su ogni cosa che lo circonda è resa evidente dalla diversità dei soggetti e dei luoghi rappresentati nelle immagini degli autori. Macchina fondamentale per fabbricare l’immaginario degli ultimi due secoli e aggiornarlo costantemente, la fotografia è allo stesso tempo un indispensabile strumento di ricerca e un prodotto dell’inestinguibile bisogno dell’uomo di cambiare (e rivedere) il mondo”, afferma il direttore artistico Francesco Zanot.

Tra gli artisti in mostra sono stati presenti celebri protagonisti della storia della fotografia come Albert Renger-Patzsch (“Paesaggi della Ruhr”, Pinacoteca Nazionale) e André Kertész (“Tires/Viscose”, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna – Casa Saraceni), i cui scatti fanno ormai parte di un patrimonio iconico condiviso, fiancheggiati da altri grandi artisti contemporanei, italiani e internazionali come Luigi Ghirri (“Prospettive industriali”, Palazzo Bentivoglio), Lisetta Carmi (“Porto di Genova”, Genus Bononiae – Santa Maria della Vita), Armin Linke (“Prospecting ocean”, Biblioteca Universitaria di Bologna) e David Claerbout (“Olympia”, Spazio Carbonesi) e giovani autori affermati sulla scena internazionale come Matthieu Gafsou (“H+”, Pinacoteca Nazionale – Palazzo Pepoli Campogrande), Stephanie Syjuco (“Spectral city”, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna), Yosuke Bandai (“A certain collector B”, Istituzione Bologna Musei – Museo Internazionale e Biblioteca della Musica) e Delio Jasse (“Arquivo urbano”, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna – Palazzo Paltroni), alternando tecniche che vanno dagli usi più puri e tradizionali della fotografia alle sperimentazioni più innovative.

L’impronta dell’attività dell’uomo sulla terra è anche oggetto dell’undicesima mostra che ospita il MAST fino al 5 gennaio 2020: Anthropocene in cui si indagano le indelebili azioni dell’uomo sulla terra attraverso una ricerca che combina fotografia, video, realtà aumentata e ricerca scientifica, in un’esplorazione multimediale che documenta l’impatto dell’essere umano sul pianeta attraverso le straordinarie fotografie di Edward Burtynsky, i film di Jennifer Baichwal e Nicholas De Pencier e una serie di installazioni di realtà aumentata, con attività e incontri rivolti anche alle scuole di ogni ordine e grado.

Il lavoro di ricerca fotografica di questi tre artisti consente in modo potente e coinvolgente di comprendere l’entità dei problemi descritti da scienziati e attivisti ambientali negli ultimi anni. L’uso del linguaggio fotografico di documentazione, attraverso le vedute dall’alto, offrendo una efficace composizione estetica delle forme e modalità di uso dei paesaggi naturali e antropizzati, documenta ma prova anche a capire come questi interventi siano in grado di plasmare culture e comunità.

L’urbanista e sociologo statunitense Lewis Mumford nel 1952 indicò che le immagini aeree offrono all’osservatore una quantità eccezionale di indicazioni sulla relazione tra uomo e ambiente, e al contempo strumenti e soluzioni per cambiare in meglio l’attività dell’uomo sul pianeta, investendo fortemente la sfera emotiva e comunicativa, “per riuscire a rendere ogni angolo di questo pianeta una casa permanente”.

Il MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) è un luogo di condivisione e collaborazione che ospita diverse attività tra cui la PhotoGallery, che con la propria collezione di fotografia industriale e del lavoro curata da Urs Stahel e con l’allestimento di mostre temporanee, è oggi l’unica istituzione al mondo dedicata alla fotografia del lavoro.

Il direttore artistico della IV edizione di Foto/Industria è Francesco Zanot (François Hébel è stato il direttore artistico delle prime tre edizioni della Biennale). Gli allestimenti, progettati dall’architetto Francesco Librizzi, sono stati disegnati in relazione ad ogni artista e ad ogni luogo, affinché opere e contesto convivano e si intreccino indissolubilmente.

Il programma espositivo è stato accompagnato da un calendario di incontri e visite guidate con gli artisti, tavole rotonde con protagonisti del mondo della fotografia e della cultura contemporanea, proiezioni e attività educative per bambini e ragazzi, talk, workshop, performance teatrali e concerti, docufilm in collaborazione con la Cineteca di Bologna.

ORGANIZZATORE: Fondazione MAST
EMAIL: gallery@fondazionemast.org
SITO WEB: https://www.mast.org/ https://anthropocene.mast.org/eventi/

 

Articolo di Francesca Arras, allieva del Master DECApro.