“Manifesto per una pianificazione ecosistemica di città e metropoli. Principi guida per i processi di rigenerazione urbana e per il piano/progetto di nuovi insediamenti” è il titolo del seminario organizzato dal Dipartimento di Architettura di Alghero e dal Comune di Sassari che si è tenuto venerdì 29 novembre alle 11 nella sala del Palazzo Infermeria San Pietro.
Il seminario dell’urbanista ecologo Salvador Rueda, visiting professor del Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica di Alghero (DADU) dell’Università di Sassari, è stato introdotto dai docenti del DADU Alessandro Plaisant e Tanja Congiu, dopo i saluti istituzionali del sindaco di Sassari, Gian Vittorio Campus, e dalla direttrice del DADU, Paola Pittaluga.
L’incontro a Sassari è stato preceduto da una lezione aperta dell’urbanista catalano tenuta presso il DADU ad Alghero dal titolo “Supermanzanas. Rifondare il modello di mobilità e spazio pubblico della città”, nell’ambito del corso di Analisi dei Sistemi Urbani del I anno Magistrale in Architettura e del Corso di Urbanistica, Piano e progetto, Trasporti del III anno di Urbanistica.
Salvador Rueda ha fondato e dirige l’Agenzia di Ecologia Urbana di Barcellona, con incarichi direttivi nel dipartimento di Pianificazione della Generalitat de Cataluña, nonché nei Comuni di Barcellona e Sant Adrià de Besòs. È autore di numerosi libri, articoli scientifici e tecnici ed è responsabile dello sviluppo e dell’estensione di pratiche sostenibili sull’ambiente urbano, incentrate sul concetto dell’”Urbanismo Ecosistemico”, come base del nuovo modello urbano per le città e le metropoli contemporanee.
Da quasi quarant’anni, Salvador Rueda è coinvolto nella pianificazione urbanistica di Barcellona, dove ha elaborato un piano rivoluzionario per cambiare la città e il modo in cui è vissuta dalle persone, sviluppando un piano della mobilità (il modello “Superilles”, o “Supermanzanas” o”Superblocks”) in stretta relazione con il piano del verde, per la progettazione di una grande infrastruttura verde in tutta la città metropolitana.
Attraverso i due incontri Salvador Rueda ha presentato e spiegato il programma sperimentato con successo a Barcellona, oggi ritenuto unanimemente un modello interdisciplinare di rilevanza mondiale, per chi studia e fa ricerca nel campo delle green infrastructure, sustainable and active mobility, e della dimensione sociale della rigenerazione urbana.
Il caso studio delle Superilles di Barcellona è certamente tra i più interessanti nel panorama internazione. La città dal 2014 ha intrapreso un percorso a partire dalla redazione del Piano Urbano della Mobilità con l’obiettivo audace di cambiare le modalità di spostamento dei propri abitanti, liberando sempre più spazio a favore dei pedoni e quindi degli spostamenti a piedi o con mezzi non motorizzati, e di tutte le potenziali attività che in questi spazi liberati e riconquistati possono avere luogo.
Appare stimolante a questo proposito rivedere le riflessioni di Ildefonso Cerdá sui differenti livelli di viabilità che elaborò per la città di Barcellona nel suo celebre piano per la città: avendo in un certo modo individuato l’attitudine degli abitanti a “vivere” lo spazio della strada, decise di inserire strade a diverse intensità di traffico. Escogitò perciò un sistema di vie private, interne alla maglia degli isolati, che da una lato permettessero di proteggere un certo livello di vita collettiva negli spazi aperti, con la giusta dose si intimità che tali spazi devono poter offrire, ma al contempo si integrassero al sistema della viabilità più veloce.
Non a caso il progetto cardine che è scaturito dal Piano della Mobilità del 2014 si chiama “Riempiamo di vita le strade/Omplim de vida els carrers (Omplim de vida els carrers? Fem junts el programa Superilles)”, che verrà implementato a partire dai distretti centrali e più congestionati della città. Secondo la definizione che ne dà il Comune, il Programma Superilles “Riempiamo di vita le strade” (2016) è un progetto di città rivolto al miglioramento della vita delle persone.
Tutto ruota intorno alla messa a punto di un modulo in grado di configurare nuovi spazi di convivenza, secondo un modello organizzativo del tessuto urbano pensato in primis per i residenti. Un’opportunità per favorire la mobilità sostenibile, la produttività, il verde e la biodiversità, così come gli spazi di sosta per il pedone. L’idea consiste nel definire il perimetro d’un insieme d’isolati che deve assorbire la maggior parte del traffico privato e pubblico, mentre l’interno viene destinato ad uso esclusivo di residenti, pedoni e biciclette.[1]
L’Adjuntament con la sindaca Ada Colau, particolarmente sensibile al tema dei diritti urbani, ha deciso di riprendere in mano un progetto promosso dalle amministrazioni precedenti, alcune sperimentazioni sui macro-isolati liberati dalle auto erano già state compiuti, il primo fu istituito nel 1993 vicino alla Chiesa di Santa Maria del Mar, nel quartiere del Born, a cui seguirono altri due a Gràcia nel 2005. Il primo progetto, ideato a partire dal 1987, è riconducibile a proprio Salvador Rueda.
Il progetto definisce dei macro-isolati, le Superilles, che contraddistinguono già la trama urbanistica di una parte della città, composta dal reticolato di strade progettato da Ildefonso Cerdà a metà ‘800 con il piano per l’espansione urbana: all’interno la velocità dei veicoli è ridotta a 10 km all’ora su un’unica corsia, gli stalli della sosta sono eliminati agli incroci, privilegiando la mobilità pedonale e ciclistica e liberando prezioso spazio pubblico a favore delle persone, deviando il traffico veicolare nelle strade perimetrali esterne alle superilles. Il modello urbano della supermanzana, o superblocco, proposto dal nuovo Piano della mobilità urbana di Barcellona, è costituito dalla fusione funzionale di 9 blocchi di tessuto urbano, in cui il perimetro diventa il sistema per il trasporto veloce e le reti pubbliche, mentre all’interno il superblocco si esprime con una circolazione debole, soprattutto pedonale.
In pratica, l’attuale Superilla in fase di test è un modo differente di distribuire la mobilità, studiato ad hoc per la trama urbana, nell’ambito dei nove isolati, il traffico veicolare viene deviato in modo da evitare il transito all’interno della zona vedendosi obbligato a tornare verso le strade perimetrali del macro-isolato. Al suo interno le auto circolano a 10 km all’ora su un’unica corsia, con l’obiettivo di ridurne al minimo i passaggi. Vengono eliminati i parcheggi negli incroci e così si liberano circa 2.000 mq che restano ad uso praticamente esclusivo dei pedoni. Anche le strade interne alle Superilles si trasformano in luoghi più accessibili al pedone, oltre che meno rumorosi, più verdi e gradevoli, in linea con la vocazione della città mediterranea.
La prima superilla è stata inaugurata nel quartiere Poblenou, originariamente un piccolo villaggio di pescatori ora inglobato dal piano di Cerdà all’interno dell’espansione urbana dalla capitale catalana, è stato costruito un rettangolo immaginario attorno a 3×3 isolati, per un totale di 9 isolati coinvolti che si ritrovano a poter giovare di 4 nuove piazze non accessibili ai veicoli. Le strade sono divise in due metà, una riservata a pedoni e biciclette e l’altra alle automobili. Ma entrarvi con un veicolo a motore è una mossa conveniente solo se c’è da recarsi in un punto al suo interno, si è infatti obbligati a passare lungo un percorso delimitato da segnaletica verticale di color verde che permette di girare solo a destra ad ogni incrocio, realizzando così un tragitto a forma di ferro di cavallo. Una volta al suo interno non è possibile superare i 10 Km/h, e mai si può negare la priorità assoluta a pedoni e biciclette.
Il progetto è stato attuato con interventi temporanei, reversibili, di facile esecuzione ed a basso costo, per avere risposte empiriche prima di tutto dagli abitanti, veri attori della città, e da una serie di dati ambientali che verranno più tardi analizzati.
Gli architetti Patrizia Di Monte e Ignacio Grávalos, autori del progetto Estonoesunsolar, a partire dal settembre 2014, hanno coordinato e diretto un gruppo di azione partecipativa nel quartiere di Poble Nou in collaborazione con l’Università Internacional de Catalunya (coinvolgendo anche circa 200 studenti di diverse scuole di architettura di Barcellona per redigere proposte), finalizzato ad istituire un laboratorio creativo, che aveva come finalità la messa in atto di strategie per convertire lo spazio pubblico motorizzato in spazio pubblico pedonale.
Attraverso una serie di workshop, il gruppo di lavoro ha stabilito 5 linee strategiche:
- Il disegno di un’icona come mezzo unificatore di uno spazio immaginario: la nuova identità dello spazio pubblico, riappropriato dalla dominante azione monofunzionale del traffico, è emersa nell’idea di realizzare un’icona narrativa, qualcosa capace di materializzare e definire i limiti dell’intervento in modo light e senza alcun recinto, renderli leggibili ed identificabili, ma allo stesso tempo di trasformare simbolicamente lo spazio pedonale. Agendo sulla pavimentazione si è cambiata la percezione d’utilizzo, la dimensione temporale dinamica dello spazio, il rapporto formale-percettivo delle componenti spaziali del quotidiano;
- Lo spazio pubblico è inteso come supporto all’azione e improvvisazione delle persone: incertezza e causalità come paradigma per sviluppare attività spontanee o progettate nell’ambito spaziale del 45×45 m;
- Concetto di ordine e scala del progetto:all’interno della regola della griglia geometricamente definita, nascono possibilità di interazione generate nella percezione dello spazio pavimentato con le corrispondenti componenti ambientali (incidenza della luce, fenomeni di riscaldamento, riflessione, ecc.);
- Partecipazione e comunicazione come fulcro del processo: workshop, attività di sensibilizzazione nelle sedi di diverse associazioni, campagna di coinvolgimento dei cittadini sono state l’occasione per comprendere lo spazio, la città e le loro esigenze reali. Patrizia Di Monte e Ignacio Grávalos, a questo proposito, dicono: “durante i quattro giorni di azione creativa, molti abitanti del luogo e i casuali pedoni hanno contribuito alla realizzazione diretta del loro spazio pubblico, collaborando nell’azione di pittura dell’asfalto hanno rafforzato il senso di appartenenza e di riappropriazione dello spazio urbano”. Inoltre è stato creato anche uno spazio virtuale (second life), ancora attivo (in Instagram di #culturasuperilla) in cui è possibile “osservare il funzionamento quotidiano di uno spazio che sicuramente ha lasciato un segno”.
- Pensare ai nuovi cicli di vita: tutto il materiale utilizzato nel progetto è stato di recupero, sia per provocare il coinvolgimento degli abitanti e delle attività commerciali e produttive delle vicinanze, sia per dare valore al significato non solo di un vero e proprio riciclo dello spazio orizzontale,ma anche degli stessi componenti/strumenti che ne consentono la trasformazione.
L’esperienza realizzata nella superilla di verniciare lo spazio urbano nel barrio di Poblenou, come affermano Ignacio Grávalos e Patrizia Di Monte, ha avuto sicuramente “il potere metaforico di materializzare e visualizzare il processo di partecipazione, mettendo in luce una concreta possibilità di riqualificazione attiva e creativa dello spazio pubblico”.
Il progetto coinvolge gli abitanti nell’immaginare e suggerire il riutilizzo di questi spazi sottratti, o meglio, recuperati alle automobili, facendo sì che, seppur ancora al suo stato embrionale, già avvicini enti pubblici e privati, abitanti singoli, gruppi spontanei e organizzati, invitandoli alla cooperazione.
La progettazione e la messa in opera delle superilles coinvolgono attivamente tutti i cittadini: critiche e proposte vengono dibattute attraverso incontri pubblici e riunioni e i cambiamenti che vengono apportati alla mobilità cittadina sono suscettibili di modifica anche attraverso consultazione popolare.
La consigliera per il Settore Urbanistica della Municipalità, Janet Sanz, ha affermato in diverse occasioni che questi cambiamenti saranno sempre realizzati gradualmente, per testare le differenti soluzioni possibili e con azioni di tipo reversibile, con l’imprescindibile partecipazione degli abitanti, secondo un’idea di “democrazia aperta”, per il quale l’uso dei nuovi spazi deve essere deciso sempre in collaborazione con i residenti, attraverso diverse modalità di confronto. Ad esempio con la scelta coraggiosa e trasparente, da parte del Comune, di rendere noti, attraverso documenti pubblici e facilmente accessibili, i risultati delle considerazioni espresse dai vari collettivi coinvolti nella consultazione popolare in seguito all’inaugurazione della Superilla del Poblenou. Decine di proposte e critiche raccolte in occasione della giornata aperta di valutazione del progetto, dei dibattiti cittadini tenutosi sul posto, delle riunioni dell’Amministrazione con enti, imprese, scuole con sede nel quartiere, oltre a quelle raccolte in un’apposita cassetta.
Josep Maria Montaner, regidor del distretto di Sant Martì, dove a settembre 2017 è stata inaugurata la prima Superilla, a sostegno del progetto fa sapere che l’obiettivo è coinvolgere il 58% delle strade e aumentare di 380 ettari gli spazi verdi del quartiere. Secondo Montaner, il macro-isolato del Poblenou è da intendersi come un esperimento, come banco di prova per verificarne il funzionamento ed eventuali criticità, con un investimento tutto sommato modesto (le risorse investite sono state quasi irrisorie: 55 mila euro per l’arredo urbano e il verde pubblico, gli stessi cittadini hanno avuto un ruolo attivo nella creazione dei nuovi spazi a vocazione pedonale). I dati raccolti sono ora al vaglio dell’Amministrazione, che è disposta a modificare il modello iniziale laddove risultasse meno soddisfacente del previsto ma che assicura che questa Superilla verrà replicata con gli opportuni aggiustamenti. L’iniziativa, come si è detto, è per il momento ancora di tipo temporaneo/transitorio, e nel caso venisse accolta positivamente la previsione è che circa 70% circa dello spazio pubblico venga restituito all’uso libero delle persone con la creazione di 170 nuove piazze, circa 2000 metri quadrati, in cui, in questi spazi riconquistati, potrà essere esercitato da tutti il diritto all’uso libero, allo scambio, alla partecipazione al processo che non si arresta, alla scoperta, alla conoscenza e apprendimento.
Questo modello innovativo mira a ridurre il transito di veicoli e di conseguenza le emissioni di CO2, dal momento che l’aria di Barcellona è attualmente una delle più inquinate d’Europa. Le linee guida del piano fissano degli obiettivi raggiungibili entro pochi anni: una riduzione del 21% del traffico privato e il cambiamento di destinazione d’uso del 60% delle strade dai mezzi a motore alle persone, riducendo l’incidentalità e le emissioni di anidride carbonica del 30%.
Quale lezione è possibile apprendere dal progetto delle Superillas/Supermanzanas
- le Supermanzanas si configurano come un modello integrale e integrato di intervento che va oltre il riordino e riequilibrio del traffico veicolare e no, incorporando nel progetto elementi di miglioramento nell’abitabilità/accessibilità dello spazio pubblico e dell’habitat in generale, della mobilità alternativa e l’introduzione di spazi aperti e di elementi di biodiversità urbana;
- stabilisce una classificazione e cronoprogramma operativo di attuazione attraverso la fase iniziale, quella tattica, e strutturante/strutturale. Questo tipo di attuazione consente una maggiore adattabilità ai contesti e alle proprie necessità specifiche. Così l’implementazione risulta più flessibile, permettendo di stabilire spazi di opportunità a scale differenti;
- il processo d implementazione stabilisce una combinazione di prospettiva tecnica e partecipativa che permette di generare un intervento che complessivamente risponde meglio e più efficacemente ai bisogni e interessi delle comunità insediate, così come nel complesso il miglioramento della sostenibilità urbana;
- Le azioni non correttamente pianificate e sviluppate senza un processo di coinvolgimento vero, generano rifiuto e danneggiano il programma stesso;
- È necessario intervenire e dare la priorità agli ambiti di attuazione con diverse densità di vita urbana (abitanti, servizi, attività e diversità di usi, presenza di entità attive e rappresentative, ecc.).
Uno degli aspetti più interessanti è che il processo è di tipo incrementale, scegliendo l’imprevisto e la capacità di adattamento come metodologia di intervento: i primi provvedimenti rappresentano un banco di prova per le successive implementazioni che coinvolgeranno altre aree della città, a cominciare dal distretto centrale di Eixample, cioè nella trama disegnata da Cerdà organizzata con isolati ottagonali, estendendo la sperimentazione a quello di Sant Martí i Gràcia, e in seguito agli altri distretti urbani di Sant Gervasi, Horta, Sant Andreu e la Prosperitat.
https://www.youtube.com/watch?v=fUjHsu8IjEk
https://www.youtube.com/watch?v=YTdnWCcF2Yw
Articolo di Francesca Arras, allieva del Master DECApro.
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[1] Così recita la comunicazione da parte del settore mobilità per divulgare il processo “Redefinim l’espai públic de la ciutat com a àmbit prioritari per a les persones. Recuperem els carrers per a funcions socials, d’interacció, d’estada, de salut i d’esbarjo. Treballem per reduir la contaminació de l’aire, el soroll del trànsit i l’accidentalitat viària. Potenciem la biodiversitat i el verd urbà. Fomentem una mobilitat més sostenible. Promovem la implicació i la participació dels veïns i veïnes.”.