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Interno Museo Guggenheim, New York, USA

Già da tempo esistono attente riflessioni sulla attuale tendenza alla spettacolarizzazione delle esposizioni di opere d’arte attraverso itinerari logico-concettuali ispirati alla casualità, anziché mediante percorsi capaci di introdurre effettivamente il visitatore alla conoscenza di un tratto della storia dell’arte.

Ipotizzare e studiare un percorso, e decidere di non esporlo immediatamente, significa avere piena consapevolezza del fatto che assecondare i nostri limiti cognitivi conduce alla percezione, non alla conoscenza. Che ogni tentativo di conoscenza, al contrario, ci costringe a non avere alcuna idea certa del mondo, ci obbliga all’incertezza, alla prudenza, ad accettare che ogni ricerca non possa produrre immediati effetti sulla comprensione di ciò che osserviamo.

“E’ noto che qualsivoglia esposizione di opere d’arte (museale, stabile, transitoria) – scrive il Prof. Gabriele Bottino in un articolo pubblicato sul volume “Nuove Alleanze” – è ad oggi giuridicamente definibile, secondo la normativa vigente, quale forma di “valorizzazione” dei beni culturali. Tali esposizioni, più precisamente, costituiscono possibili “attività di valorizzazione” dei medesimi beni”.

La lettura delle definizioni normative, sia della definizione avente ad oggetto la valorizzazione, che di quella concernente le relative attività, dimostra che ogni intenzione di valorizzare i beni culturali si arresta oggi alla loro percezione quantitativa e non conduce invece alla loro cognizione qualitativa.

Con riferimento alla valorizzazione, in generale, “promuovere la conoscenza del patrimonio culturale” ed “assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica”, “al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”, significa individuare una finalità estremamente generica (lo sviluppo culturale) da perseguire con ogni possibile mezzo promozionale: qualsivoglia forma in grado di promuovere la conoscenza dell’insieme dei beni culturali merita l’appellativo di valorizzazione.

Costituire e organizzare stabilmente “risorse, strutture o reti”, ovvero “rendere disponibili “competenze tecniche, risorse finanziarie o strumentali”, consente di ricondurre alle azioni di valorizzazione ogni contenuto culturale. Il riferimento alla nozione di “rete” risulta essere significativo, così come è di vitale importanza porre sullo stesso piano concettuale la necessità di competenze tecniche, “acquisite mediante lo studio e la ricerca”. Da ultimo, la disponibilità di risorse finanziare e strumentali significa, ancora, equiparare la possibilità di percepire ed utilizzare i beni culturali con la loro conoscenza, ampia o minima che sia.